martedì 29 marzo 2011

Meno fame, più felicità


In preda ai sintomi di un'influenzetta con la quale ho dato il calcio d'inizio alla primavera, e sono parole grosse dal momento che ho un piede rotto, sfoglio una rivista patinata senza fare troppa attenzione agli articoli. La difficoltà a concentrarmi sui testi paradossalmente mi svela la trama della Matrice: all'improvviso sono in grado di vedere il codice che compone questa realtà fittizia, fatta di borse di pelle di coguaro e hot pants di strass. Nella mia testa prende forma un grosso punto interrogativo. Ma perché tutte le modelle di tutti i servizi di moda e di tutte e pubblicità sembrano immancabilmente delle sopravvissute a una lunga carestia?
Okay, niente di nuovo, direte voi. E invece vi invito a riflettere per tre minuti. Sono pronta a scommettere che nessuna delle donne che leggono questa rivista si può umanamente riconoscere in questi corpi prosciugati dalla fame. Ora, non dico che i giornali di moda debbano pubblicare foto di donne brutte, per carità, e nemmeno di donne normali, come voi e me. Ci vogliono delle belle ragazze che attirino lo sguardo e valorizzino abiti e accessori per invogliarci a comprarli. Ma credevo che lo scopo di utilizzare delle modelle fosse quello di indurci all'acquisto, spinte dal desiderio di assomigliare a chi indossa abiti e sandali, bracciali e foulard, golfini e t-shirt.
Ecco, il problema nel mio caso è evidente: io non voglio assomigliare a queste sedicenni deperite, non voglio essere quel tipo di donna, in posa perennemente floscia e immusonita, con cosce dello stesso diametro delle caviglie e polsi filiformi che sembrano sul punto di fratturarsi sotto il peso di maxi-braccialetti.

Questa qui, per esempio, che digrigna i denti in copertina con le guance incavate e una prima scarsa di reggiseno che spunta dalla giacca di un tailleur, da quant'è che non fa un pasto caldo? E quest'altra, protagonista di un raffinatissimo servizio in bianco e nero, che non riesce a riempire, con le sue scarne forme, nemmeno il bermudino taglia 36 che le hanno fatto indossare? Ha la femminilità di un traliccio dell'Enel, e per costruirsela è a digiuno dai tempi delle medie.
Intendiamoci, non voglio dire che non mi piacerebbe essere più magra e più soda, e magari anche più alta e più giovane già che ci siamo, ma non vorrei essere nessuna di queste qui. E mi indispettisce dovermi immaginare come starebbe quel completo che sembra carino, addosso a una donna che dopo averlo indossato, e riempito a dovere, abbia anche la forza residua per uscire di casa e mostrarlo.

Tutto sembra enorme addosso a 'ste ragazzette tristi, come fosse fuori misura. Ecco, capite, in certe immagini sembra quasi di vedere la figlia che si prova i vestiti presi dall'armadio della mamma. Su tacconi sproporzionati, inalberando gioielli enormi che sembrano poter lasciare un segno indelebile su quella pelle così sottile, queste bambine truccate e acconciate da signore non sembrano nemmeno godersi questa innocente trasgressione. Sono quasi sempre colte nel momento in cui la noia ha preso il sopravvento. Il gioco le ha già stufate, presto dovranno cercare un altro modo di impiegare il tempo. Chiaramente la merenda non è un'opzione.



E adesso arriva l'accorato appello ai capi del meraviglioso sistema capitalistico: togliete le secche dall'aria malata dalle riviste, e magari anche dalle passerelle. Fatelo per voi, per venderci più roba; aiutateci a farvi felici. E per favore, dite alle nuove leve, si spera di sembianze umane, di sorridere, perché è questo di cui avete bisogno: sorrisi. Gli stessi che dovrebbero stamparsi sulla faccia delle donne vere, che spendono soldi veri per comprare la vostra roba.