mercoledì 14 settembre 2011

Senza glutine


La scritta "senza glutine" ha su di me lo stesso effetto che le parole "gratis", "omaggio" e, chessò, "sesso" hanno sulla gente normale. Risuona melodiosa dentro di me e mi spinge a fare acquisti compulsivi. La leggo su un qualunque genere alimentare e devo assolutamente averlo, non riesco a frenarmi. Più o meno la stessa cosa che accade a indice e mignolo del nostro premier nelle foto ufficiali dei vertici internazionali o con altre parti del suo corpo nei sotterranei di casa sua.

Allora acchiappo il barattolo di salsa alla puttanesca, il tetrapak di zuppa di ceci alle spezie mediterranee, il secchiello con i vortici di gelato all'anacardo del Libano e mi dirigo a testa alta alla cassa. Intendiamoci è sempre rigorosamente roba che non mi serve e che non saprò come utilizzare. Agli uomini di casa non piacerà, oppure gli piacerà ma, pur non contenendo il venefico glutine, già solo il primo boccone scatenerà innumerevoli disturbi di varia natura, dal prurito alle sopracciglia fino al callo da frutti a guscio.

Una volta superata da un paio d'anni la data di scadenza, queste prelibate scorte glutino-prive trovano in genere la loro collocazione tombale sul fondo del mio secchio dell'immondizia. Quando sento dire che per le scorie radioattive non si è ancora trovato un cimitero geologico penso sempre alla mia pattumiera con un fremito di fierezza.

Oggi però sento che è stato diverso. Oggi ero al supermercato con mio figlio e ho adocchiato una confezione di pancetta dolce a dadini "senza glutine". Chi non condivide il nostro problema probabilmente non si immagina nemmeno che un prodotto come la pancetta di maiale possa contenere una proteina che deriva da frumento, grano e altri cereali. Come ci finisce lì? Non vi tedierò, ma per riassumere, i procedimenti produttivi industriali fanno sì che questo rischio ci sia. Ecco allora che il fatto che un produttore si prenda la responsabilità di garantire che la sua pancetta confezionata a dadini è senza glutine mi appare come un gesto d'amore verso la nicchia di umanità a cui appartengo.

Acchiappo la confezione, la mostro trionfante a mio figlio e subito dopo leggo la scritta "ideale per amatriciana". Già, che bella idea. Ma com'è che si fa l'Amatriciana più? Tiro fuori il telefono dalla tasca, apro il browser, cerco "ingredienti Amatriciana", compro pecorino e pelati e torno a casa con la speranza che i dadi di bacon non faranno la stessa fine delle margheritine di Fukushima.

L'intolleranza permanente al glutine colpisce una persona su 100 nel mondo. In Italia e in altri paesi, ad esempio gli Stati Uniti, le diagnosi sono in fortissima crescita. In Francia, dove ho appena trascorso due settimane in vacanza, non ne sanno niente. Non me ne capacito anche perché il paese si conferma, ogni volta che ci vado, la prova vivente di come potrebbe essere l'Italia se solo si insegnasse educazione civica a partire dall'asilo. L'impressione è che questi pazzi francesi assurdamente ci tengano al proprio paese, a mantenere le città in uno stato di decenza, a far funzionare i servizi, a curare il verde pubblico: scemate così.

Sicuramente ci sono zone di Parigi dove circolano ratti grossi come volpi, ma nel centro, una zona più estesa di molte città italiane, non c'è segno di incuria o di degrado. Per dire, al parco del Lussemburgo non c'è traccia di cacche di cani, nemmeno a cercarla col luminol. Nessun ricordino di Fido è mai stato abbandonato su quei vialetti nei secoli dei secoli.

Però se vai in una moderna metropoli, all'avanguardia su molti fronti, e ti aspetti di poter ordinare in un ristorante senza incappare nell'ingrediente proibito avrai delle brutte sorprese. Tu dici per semplificare le cose "siamo allergici alla farina" e la prima cosa che il cameriere ti porta dopo aver fatto giurin giurella di avvertire lo chef è il cestino del pane. "Non possiamo mangiare pane e pasta perché siamo allergici alla farina", specifichi al ristorante successivo. Nessun problema, a fine pasto ti arriva il sorbetto all'ananas che hai ordinato tuo malgrado, dal momento che è l'unico dolce sicuro, e conficcato nella pallina di gelato giallognolo c'è un succoso, friabile biscottone.

I francesi non ce la fanno proprio, è più forte di loro. E al supermercato la scritta che fa tintinnare di gioia la mia carta di credito non si vede che in rarissimi scaffali dedicati al cibo per gente lunatica o con antenati hippy. Accanto alle polpette di alghe e appena prima dei quarzi che curano l'insonnia.

Ho raggiunto la conclusione che, nella generale arretratezza e impreparazione sull'argomento, l'Italia sia un paese all'avanguardia. Ho trovato pizze senza glutine in paesini della Calabria dove c'era una sola pizzeria per chilometri. Spaghetti senza glutine in località dell'entroterra siciliano dove sapevano anche come cuocerli a puntino, il che è di per sé un miracolo perché la scritta "senza glutine" di solito annulla il concetto di "al dente". Ogni volta che mi sposto in Italia incappo, senza manco affannarmi particolarmente nella ricerca, in posti che offrono cibo che posso mangiare.

Ecco, se mettessimo nella vita pubblica la metà dell'impegno che mettiamo nell'offerta gastronomica, così rispettosa anche delle minoranze, penso che saremmo un paese dal quale un po' meno gente sognerebbe di fuggire.

Foto: Flickr

4 commenti:

Gloria Photos ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Gloria Photos ha detto...

da celiaca pluridecennale non posso che condividere... anche da accanita frequentatrice della francia, seppure soprattutto nella sua propaggine còrsa...
e anche se sono una scarsa consumatrice di prodotti specifici senza glutine, mi ha percorsa un fremito quando quest'anno, durante la consueta fuga in Corsica (ci arrivo talmente stremata dal lavoro che non posso che considerarla al pari di una fuga da alcatraz) ho scovato per la prima volta sugli scaffali del casino (mio supermercato preferito) alcuni prodotti della nuova linea "sans gluten". Le cialdine di grano saraceno mi hanno illuminato la vacanza :-)
comunque deve essere un vizio quello di capire a metà la faccenda del senza glutine... spiegato nei dettagli il problema all'adorabile vecchietta che ci affitta casa, quando ha invitato me e mamma a cena non ci ha preparato i "beignets del crevettes" perché, sai, ci voleva la farina... in compenso ha cosparso i pomodori al forno di "innocua" chapelure... ovvero pan grattato, sic :-(
ciao marta.
g

Natalia ha detto...

Bellissimo Marta! Ed è vero che se in Italia mettessimo in tutto metà dell'impegno che dedichiamo al mangiare...

Stefano ha detto...

Più che essere l'Italia avanti, temo che sia la Francia molto indietro. In Germania c'e' addirittura un supermercato online "Glutenfrei" :-)