martedì 22 novembre 2011

Cose che non dovreste mai fare in un periodo di crisi economica


Ho cambiato computer perché quello che avevo impiegava a eseguire un semplice comando, come aprire il sito di un giornale online, più tempo di quel che mi ci vuole per aprire la porta di casa, scendere sei piani a piedi e andare all'edicola all'angolo a comprarne una copia cartacea.

Sono contenta di avergli detto addio, a lui e al suo processore dual core che appena 5 anni fa era il non plus ultra della tecnologia e oggi il commesso della Fnac non sa manco che sia mai esistito. Lui e il rantolo che emetteva ogni volta che andava in surriscaldamento, ovvero circa 2 minuti e mezzo dopo l'accensione, e quindi molto prima di rendere disponibile al povero utente anche solo lo sfondo della scrivania. Lui e il pentolino d'acqua che potevi mettere a bollire per il tè delle 5 accanto allo sfiato d'aria rovente di quella che forse era stata immaginata come una ventola ma in realtà era un termosifone portatile.

Il nuovo computer è la copia conforme del precedente, solo prodotto 5 anni più tardi, quindi so già che ci metterà non più di 3 anni per diventare irrimediabilmente obsoleto. Cerco di non affezionarmici, ma intanto ho scaricato nel suo capiente hard disk tutta la mia vita, incluse cose che manco io sapevo, ma lui adesso sì. Tipo quanto mi hanno pagato il primo pezzo che ho scritto come free-lance, foto di mio marito con l'apparecchio ai denti, articoli di giornale salvati per leggerli con calma e custoditi in file mai riaperti dal 1998 eccetera.

Tra le varie funzioni che tocca reimpostare c'è quella dello screensaver. Ho già dimenticato cosa avessi scelto sul mio vecchio computer, ma per questo nuovo mi sono fatta tentare dall'opzione Salvaschermo Google, che in pratica pesca a caso tra le cartelle di foto salvate sull'hard disk una serie di immagini che si alternano sullo schermo per qualche minuto, finché poi non diventa tutto nero in attesa di input esterni.

Cosa non mi è toccato rivedere in questi giorni, già di per sé duretti. Ogni tanto alzo gli occhi verso lo schermo e mi rifletto nell'immagine di una tipa che mi sembra di aver conosciuto vagamente ma in cui stento a ritrovare me stessa. Sono io con i capelli lunghi, medi, lunghi, corti, con i colpi di sole da meretrice di quella volta che la parrucchiera ha lasciato la tinta cinque minuti di troppo, con abiti improbabili, costumi da bagno che non mi capacito di aver posseduto, e tanto più indossato, occhiali da sole di ogni foggia, colore e dimensione.

Ma soprattutto sono sempre bellissima. Anche in quella foto di cui mi sono vergognata per anni perché mi faceva le occhiaie e il doppio mento in realtà sono un fiore. Sono magra, tonica, giovane, sorridente, contenta, forse perfino felice.

Mentre mi preparo per la cura Monti, sempre che ci si possa preparare a quello che ci viene presentato alternativamente come un martirio dagli ottimisti e come un tunnel senza sbocco dai meno ottimisti, e mi appresto a entrare nelle tenebre della recessione, dopo quel decennio di comatosa stagnazione che ci ha regalato Berlusconi mentre lui e i suoi si arricchivano a spese nostre, mi domando con che faccia, con quale taglio di capelli, quali meches e soprattutto che espressione del viso comparirò sul mio salvaschermo tra un paio d'anni.

Le mie foto di oggi tradiranno le ansie, le insicurezze, le preoccupazioni, la tristezza e l'amarezza, le responsabilità e, diciamolo, gli anni che mi porto sul groppone? Basterà il naturale passare del tempo a rendere la me stessa di oggi bella, in forma e contenta agli occhi invecchiati di quella che sarò? E' una di quelle domande che hanno solo risposte deprimenti.

Risposta 1. Sì, sarò talmente più vecchia e incazzosa che oggi in confronto sembro un'adolescente in gita scolastica.
Risposta 2. No, ho superato l'età in cui si è freschi e ottimisti; presto abbandonerò i 30 per non rivederli mai più. E allora "sorrisi, addio per sempre".

La chiave per salvarsi dal baratro dell'autocommiserazione è proprio nelle foto che hanno scatenato queste cupe riflessioni. Com'era rotondo mio figlio a un anno. Come abbiamo convinto mia madre a mettersi in costume da bagno a giocare a pallone con il nipotino sul prato? E' sempre più difficile distinguere tra me e mia sorella: più passa il tempo più ci assomigliamo. Mille anni fa io cantavo. Sì, da vecchi dovremmo considerare l'ipotesi di trasferirci in Corsica. Stavo bene incinta. Clic.