domenica 11 novembre 2012

Miserabili filosofi

I vagabondi a Genova si dividono classicamente in due categorie: gli urlatori e i consumati. I primi sono quelli che strillano tutto il giorno perché sono arrabbiati neri e non c'è niente da fare.
Il pittore Maini, detto "radio" per l'inconfondibile voce gracchiante, in realtà un tetto ce l'ha e, dicono, a volte anche la sua lucidità. Ma passa la maggior parte del suo tempo perlustrando le zone di Galleria Mazzini, San Vincenzo e Stazione Principe, ed è furibondo da almeno trent'anni.
"Parassitiiiiiiii, parassiti di merdaaaaaaaaa! Guardali come camminano per strada e fanno finta di nienteee. Puttaneeeeeee!" e così via, tutto il santo giorno. La veemenza delle urla non è accompagnata da alcun gesto intimidatorio. Maini non aggredisce i passanti, li recensisce.

Poi c'è la vecchietta che da mesi sta seduta sotto i portici del Teatro Carlo Felice e che deve aver subito un brutto dramma che ha arrestato il suo tempo mentale. Passa le giornate a strillare "Io ho 43 anni!", e c'è una disperazione senza fondo in questo grido insensato. E' ovvio che tutti quelli a cui poteva interessare questa informazione, tutti quelli a cui lei lo vuole gridare in faccia non ci sono più da molto tempo, ma lei deve comunque chiarire le cose, ci tiene all'età. Dà da mangiare ai piccioni, borbotta considerazioni tra sé e sé e poi, intrappolata in un percorso circolare, riprende a urlare: "Io ho 43 anni!", e i turisti fanno il giro largo.

La coppia è quella che mi fa più male vedere in azione. Credo siano nord-europei, chissà come sono rimasti impigliati nelle maglie di una città come Genova. Lui passa il tempo a leggere a lei il giornale ad alta voce con un sorriso sornione, declama gli articoli di politica (la fonte è sempre la free-press, quindi non proprio delle analisi da think tank, ma insomma...) e poi di tanto in tanto strilla frasi in una lingua sconosciuta. A volte ho la sensazione che ce l'abbia con lei, altre volte si lamenta della società, del mondo marcio, forse del tempo. Lei ascolta, annuisce, tiene il capo chino e quando si spostano cammina tre passi dietro di lui. E' lei che va in giro a chiedere l'elemosina, sempre lei che va alla Coop a procurarsi con gli spiccioli il necessario per campare. Lui la aspetta fuori e poi la sgrida se non è soddisfatto degli acquisti.

Gli urlatori di fanno notare, sono fastidiosi, ingombranti, si prendono tutta l'attenzione. I consumati invece di attenzione non ne vogliono. Vanno in giro a raccattare cicche di sigaretta davanti all'Acquario, la notte si fanno la tana sotto i portici di Piccapietra e di giorno chiedono l'elemosina in centro senza fare troppo rumore. Non sono arrabbiati, solo sconfitti, hanno optato per la resa incondizionata e tirano a sopravvivere senza fare la morale a nessuno.

Una terza categoria si è fatta largo in tempi recenti sulle panchine della città: i sorridenti. C'è un signore marocchino che chiede gli spiccioli al semaforo in piazza Corvetto che ha sempre il sorriso stampato sulle labbra. Questo approccio gioviale paga, gli automobilisti elargiscono e lui continua a sorridere.
Poi c'è questo tizio che ai primi avvistamenti avevo scambiato per un turista. Molto abbronzato, calvo, porta un paio di occhialini tondi, indossa una specie di tuta e sta sempre dalle parti dei Magazzini del Cotone. Non ha niente del barbone, non gli ho mai visto chiedere un centesimo a nessuno. Ho capito che non è uno come voi e me perché alle 8 e mezza del mattino, quando vado a correre al Porto Antico, lui in genere si sta scolando una birra media e tutto fa supporre che il resto della giornata proceda sulle stesse note. Se beve per dimenticare la tecnica funziona a meraviglia perché ha un'aria estremamente serena.

Che cosa rende questi outsider così pacifici e quasi giulivi? Credo siano persone che si sono date pace e riescono a provare emozioni positive pur vivendo ai margini della società e spesso anzi molto al di fuori. Non sono rammaricate per i propri errori, non si vergognano della propria condizione e probabilmente hanno smesso da anni di arrovellarsi su cosa avrebbero potuto fare diversamente per evitare di trovarsi oggi nella condizione in cui sono. Non nutrono sentimenti di rivalsa, hanno capito di poter sopravvivere a modo loro nonostante la vita abbia preso una piega amara.

Campano, nonostante tutto, perché l'importante è arrivare alla fine di un altro giorno. E io non capisco se il loro pacifico tirare avanti abbassi per tutti quanti noialtri la sbarra, oppure la alzi a livelli irraggiungibili.

Foto: Flickr