mercoledì 14 ottobre 2009

Basta roba!



L’imperativo è decrescere. E come è vero che l’incoraggiamento necessario per farlo arriva dalla necessità! Intendiamoci, non è che non si voglia contribuire al bene del pianeta in maniera del tutto disinteressata, per carità. Ma mentre la crisi economica si fa sentire forte e chiara, il cambiamento climatico (anche se a ottobre si schiatta ancora di caldo) è leggermente meno pressante per chi non abita su un isolotto in mezzo all’oceano.
Le cose da fare sono quelle che ormai tutti conosciamo: consumare meno energia, riciclare i rifiuti, risparmiare acqua, comprare meno cibo confezionato, precotto, proveniente dall’altra parte del mondo, usare mezzi di trasporto sostenibili (piedi, bici, mezzi pubblici), volare meno…

Okay, ma come la mettiamo con la roba? Sì la roba, la roba, quella che ti chiama dalle vetrine, quella che i negozi ti tirano dietro perché c’è sempre meno gente che ha i soldi per comprarla, quella che ti porti a casa nel sacchetto e ti senti una persona migliore per cinque minuti. Quella roba lì inquina anche lei. L’hanno prodotta (probabilmente sfruttando manodopera a basso costo in qualche sweatshop del terzo mondo), tinta, riempita di sostanze chimiche, impacchettata, trasportata e poi ce la danno a noi a un prezzo X, che non tiene in alcun conto le emissioni prodotte per fabbricarla. Io di roba così ne ho a pacchi a casa mia e scommetto anche voi. Solo nel mio armadio ce n’è per anni.
Appunto, dico. Ma che, sono scema a comprarmene dell’altra? Quindi comincia qui il mio cammino anti-consumistico: non voglio comprare più roba. E sai che bel risparmio! Lascio fuori il mangiare e il bere, i farmaci e le cose essenziali per la creatura (urge un maglione per l’inverno, alle scarpe abbiamo già provveduto). Tutto il resto non mi serve. Ho libri a sufficienza per aprire una biblioteca, manco una libreria. Se non compro libri per i prossimi dieci anni potrò finalmente leggere tutti quelli che ho acquistato nei passati dieci: come credete che abbia fatto Feltrinelli a pagarsi quel supermegastore che ha aperto nel centro di Genova?

Ecco, è così che immagino la vecchiaia, un lungo inverno al caldo senza comprare nulla. Dovrò prevedere una deroga per la Settimana enigmistica.

Che poi di questi tempi non comprare è l'unico atto davvero sovversivo. Almeno a giudicare dal clamore che ha suscitato in America la proiezione nelle scuole del video che trovate in fondo al post (diviso in tre parti con sottotitoli in italiano), che ripercorre in maniera piuttosto didattica e con piglio ecologista la "storia della roba", appunto.

Glenn Beck, commentatore del canale Fox, una via di mezzo tra giornalista e intrattenitore, una specie di Dave Lettermann di destra, ha riempito intere trasmissioni di commenti sbalorditi all'idea che ai bambini americani possano venir dette cose tutto sommato banali: comprare non è un valore, gli oggetti sono fatti per diventare presto obsoleti, lavoriamo sempre di più per comprare sempre più roba e nel poco tempo libero rimasto guardiamo la tv che ci incoraggia a comprare ancora ecc, ecc...

A partire da domenica proverò l'esperimento No Impact week: una settimana passata a cercare di raggiungere l'impatto zero. Penso che quando arriverà il "giorno senza lavatrice", in cui bisogna fare il bucato nella vasca da bagno pigiandolo con i piedi, ci sarà da piangere. Ma ormai ho preso l'impegno. Quanto all'intento di non comprare roba, beh, spero di protrarlo oltre la settimana. Ma sono cauta, come quando avevo appena smesso di fumare e mi mancava il coraggio di proclamare: non fumerò mai più...

Foto: Flickr


The story of stuff






Glenn Beck commenta il documentario "Story of stuff"

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