giovedì 27 marzo 2008

Siamo tutti esploratori con Google Earth?

Google Earth

Lo Shuttle Endeavour
è tornato a casa al termine di una missione durata 16 giorni di cui 12
trascorsi dal suo equipaggio in lavori di manutenzione della stazione
spaziale e ben cinque passeggiate spaziali. Tra gli obiettivi delle
prossime missioni c’è quello di fare una revisione del supertelescopio Hubble, strumento cruciale per esplorare il cosmo.

Ma chi l’ha detto che qui sulla Terra non ci sia rimasto ormai più niente da scoprire? Non sarebbe affatto d’accordo Arthur Hickman,
geologo australiano che ha fatto una scoperta sensazionale senza
neanche muoversi da casa. Stava perlustrando una zona desertica
dell’Australia occidentale, le Hamersley Ranges, con Google Earth
e si è imbattuto in una strana struttura circolare, che assomigliava
molto a un cratere. Altri esperti confermano che si tratta del 30°
cratere da impatto di meteorite ufficialmente riconosciuto in Australia
da quando fu scoperto il primo nel 2005. E questo buco largo 260 metri
e profondo 30, testimone di un impatto avvenuto tra i 10.000 e i
100.000 anni fa, ha preso giustamente il nome del suo scopritore e si
chiama adesso Hickman Crater.

Il primo commento che verrebbe da fare è che grazie alle nuove
tecnologie alla portata di chiunque, sia per la loro disponibilità
spesso gratuita (è il caso di Google Earth) sia per la relativa
facilità con cui molte potenti applicazioni online possono essere
usate, siamo tutti nella posizione di contribuire in maniera
consistente al progresso scientifico. In realtà senza competenze
specifiche sembra difficile poter identificare un buco in mezzo al
deserto come la firma di un meteorite.

Del resto, come lo scrittore umoristico Bill Bryson faceva notare nel suo spassoso libro sull’Australia, In un paese bruciato dal sole,
riferendosi all’abbondante e spesso assurda fauna locale, in questo
continente in gran parte disabitato la scoperta di specie animali nuove
o la riscoperta di alcune specie che si credevano estinte non sono un
fatto per niente raro, e molto resta ancora da esplorare. Maniaci di
Google Earth, fatevi avanti!



martedì 25 marzo 2008

In volo verso Londra

Ma perché tutte le volte che vado a Londra l'Italia mi fa un po' più schifo? Perché all'aeroporto di Genova le bustine trasparenti per mettere i liquidi ammessi nel bagaglio a mano le spaccia una signorina in un banco piantato a casaccio in mezzo all'atrio per 50 centesimi (e devi darglieli giusti, ché non c'ha manco il resto), mentre a Stansted, che pure non è tra gli aeroporti più organizzati che conosco, sono a disposizione gratis in grandi scatoloni sparpagliati ovunque? Cioè perché da noi avere il privilegio di potersi portare il dentifricio in viaggio richiede il versamento di una tangente, mentre gli inglesi possono contare su un alito fresco senza dover versare un obolo a non si sa chi?
L'altra faccia della medaglia è che un'altra signorina, quella che sta a uno dei 5 banchi del check-in del glorioso Cristoforo Colombo, mi lascia passare la valigia come bagaglio a mano, mentre il severo ragazzo dai tratti asiatici al banco F87 di Stansted lo pesa, scuote leggermente il capo e mi spedisce a pagare la sovrattassa necessaria per imbarcarlo nella stiva.
Forse la ragazza genovese pensa di farmi un favore. In realtà non sa neanche che la mia borsa è comunque al di sotto dei 10 chili oltre i quali portare il bagaglio in cabina è proibito. E mi dice: "Sarebbero 6 chili, ma te lo faccio portare lo stesso". Ovviamente le faccio notare fiera sulla stampata del biglietto che è ammesso portare un peso maggiore e che io sono quindi perfettamente entro i limiti. Non gliene frega niente e non capisce il distinguo.
Coll'impiegato di Stansted non mi sogno nemmeno di protestare: nel mio soggiorno londinese ho imbarcato una decina di riviste e chissà cos'altro, perciò la valigia ha ora raggiunto l'inaccettabile peso di 11,5 kg. Corro a pagare le 12 sterline dovute, solo vagamente incavolata con Ryan Air, che finge di farti volare gratis e poi ti fa pagare anche gli starnuti, ma non con la Gran Bretagna, i cui cittadini perseguono il rigido rispetto delle regole, magari anche di quelle assurde, ma almeno non ne inventano di nuove per farci la cresta sopra.

(Foto: Flickr)

mercoledì 12 marzo 2008

Gormiti contro Power Rangers

Io e mio figlio ogni tanto ci inventiamo dei nomi di Gormiti. Chiunque non abbia un figlio maschio in età da scuola materna è autorizzato a non sapere che trattasi di mostriciattoli divisi in popoli legati ad ambienti naturali (mare, foresta, terra, cielo, vulcano, tenebre....). Sono un'industria fiorente e vengono smerciati sotto forma di carte da gioco, giocattoli di varie dimensioni, mostrini, ovetti, giochi da tavolo e quant'altro riusciate a immaginare.
Devono la loro fortuna al fatto di essere brutti e cattivi e collezionabili. Ma secondo me il vero trucco sono i nomi. A me sono simpatici perché si chiamano in modi che sembrano pensati (come Shrek & co) prima di tutto per strizzare l'occhio agli adulti.
Tra i miei preferiti ci sono Ipnorana la beffarda, Strapparami il furioso, Beccoduro il picchiatore.
Ora, dicevo, l'altra sera io e il pargolo abbiamo avuto un momento di creatività gratis (definisco così tutto quello che si inventa e che non rende miliardari).
Io ho cercato di fare con lui bella figura snocciolando Fogliappesa l'incombente e Kornakios il sogghignatore. Secondo me non sono niente male.
Ma come posso competere con il suo Infiammante cielista il crudelone?
Un'altra sua passione sono i Power Rangers Mystic Force. Ma se i Gormiti spingono i bambini a immergersi in un mondo fantastico e a contribuire a crearlo (per soldi, e tanti, s'intende), i "Power" sono una specie di monolitica presenza: cioè sono 'sti 5 ragazzetti che usano una fantomatica forza magica per trasformarsi in potenti difensori della Terra contro le truppe del male. Esiste un telefilm, che purtroppo mio figlio ha scoperto dopo averne a lungo solo sentito parlare a scuola. Mi è toccato vederne qualche puntata e vi assicuro che ho rimpianto Tekkamen. L'unica cosa che posso dire, a costo di suonare sinistra, è che si tratta di una specie di porno per bambini: non c'è una vera trama, la recitazione è penosa, gli effetti speciali fanno schifo, ma per il 90% del tempo si vedono questi ridicoli guerrieri vestiti in tute sgargianti fare finte mosse di kung-fu e gridare Iiiiih-Haaaah. E' proprio quello che mio figlio vuole vedere! Ed è quello che rifà, pari pari, quando gioca "ai Power".
Allora viva Ipnorana, abbasso la Mistica sorgente.

(Foto: Flickr)

domenica 9 marzo 2008

Falla girare

Che cosa è cambiato in questo blog negli ultimi tre giorni?
Che sono stata malata, mi sono portata il pc a letto (vedi post più sotto) e, sbrigate le incombenze lavorative, ho cominciato a fare quello che viene naturale in presenza di alcuni elementi di base:
  • un computer portatile
  • un collegamento a internet a banda larga
  • una posizione comoda
  • del tempo libero
  • un blog che quasi nessuno legge
Mi sono messa a curiosare su internet alla ricerca di soluzioni per rendere il mio blog un po' più popolare.
L'idea di cominciare mandando una mail a tutti i contatti della mia casella di posta non mi ha neanche sfiorato: ho avvertito solo poche persone che conosco e che mi piace pensare possano aver piacere di leggere 'sta roba, ma i miei conoscenti...?
Il vero obiettivo è beccare persone a caso, che possano venire a sapere dell'esistenza di questo blog e magari interessarsi alla cosa.
Cosa ho scoperto? Che la metà dei blog là fuori, anche se probabilmente nessuno dei 50 più influenti al mondo secondo l'Observer, si occupa in larga misura proprio di questo. Insomma la blogosfera pullula di pagine in cui si spiega come far diventare il proprio blog più popolare: trucchi, astuzie e anche strumenti.
Ho letto un pò di cose, annotato mentalmente alcuni consigli, cercato di metterne subito in pratica altri. Qualche esempio?
  1. Fare liste (ha ha): alla gente piacciono un sacco pare. Per esempio a me sì
  2. Aggiornare con regolarità (mea culpa, mea culpa): da adesso non avrete scampo
  3. Promuovere il proprio blog negli altri luoghi pubblici frequentati su Internet. Sono subito andata a piazzare un widget sul mio profilo in Facebook (visitato temo da ancor meno persone di quelle che ogni tanto capitano qui!) e l'ho aggiunto al mio profilo su Librarything, un sito per nerd in cui sostanzialmente si fanno liste di libri letti e si confrontano con quelle altrui (le liste funzionano, che vi dicevo?).
  4. Fare in modo che sia possibile per i lettori condividere i post interessanti nei luoghi da loro frequentati online: i "bottoncini con i simbolini" (in alto a sinistra e in fondo a ogni post ) servono a questo.
Che posso dire? Questo non porterà probabilmente una sola persona in più su queste pagine, ma vuoi mettere il divertimento?
Nota finale: siccome alla fine l'omologazione vince, avete appena letto un post di un blog che parla di come rendere più popolari i post dei blog. Condividetelo su MySpace!

(Foto: Flickr)

Il widget del mio blog: autoreferenzialità all'ennesima potenza

giovedì 6 marzo 2008

A letto col pc

Alla fine mi sono arresa e dopo due settimane di tosse, raffreddore, brividi e altro mi sono messa a letto. Ieri con un libro, l'interessantissimo Cultura convergente di Henry Jenkins (cui mi riprometto di dedicare un post a parte), oggi, tristemente, col mio pc. Mia sorella da Londra mi fa notare che nessuno è così indispensabile da non potersi concedere di star sotto le coperte per qualche giorno. Non ci avevo mai pensato in questi termini. Essere free-lance per me semplicemente significa lavorare sempre. E vista la data dell'ultimo post, capirete che in queste tre settimane ho lavorato molto.
La pausa di ieri mi ha fatto bene, ma oggi avevo due o tre cose da sbrigare a tutti i costi. Così ho fatto quello che nessun lavoratore autonomo che vive e lavora tra le stesse quattro mura dovrebbe mai fare: mi sono portata il lavoro in camera da letto.
Non c'è bisogno che vi spieghi a quali più piacevoli attività questo luogo deve essere sacralmente dedicato, ma è chiaro che mi riferisco al sonno dei giusti. Introducendo il computer in camera ho infranto un tabù millenario: ho annullato anche l'ultimo sottile confine tra casa e lavoro, costituito dalla porta che chiude lo studio, la stanza dove "la mamma va a lavorare, così non deve andare a Milano".
Lista di tabù che mi riprometto di non infrangere assolutamente:
  • lavorare in bagno
  • dormire in cucina (specialmente con pentole sul fuoco)
  • divertirmi nello studio (mah, qui non si può mai dire)
  • fare l'aerosol più spesso di mio figlio (infranto)
  • usare un videotelefono (non volete vedere, vi assicuro)
Ora vado: devo cambiare posizione prima che sopraggiungano le piaghe da decubito.

(Foto: Flickr)