lunedì 29 dicembre 2008

Compleanni


Ho festeggiato (si fa per dire, sic!) il mio compleanno il 27 dicembre. Ieri invece era il primo compleanno di questo blog. La zia Marta compie un anno e saluta la selezionatissima cerchia dei suoi lettori. Ovviamente è il momento dei bilanci e dei propositi.

Libri letti: 22.
I migliori: Shock Economy di Naomi Klein, utilissimo anche per capire da dove arriva la mega-crisi che stiamo vivendo; Cultura Convergente, di Henry Jenkins, talmente attuale quando l'ho letto da essere diventato già quasi obsoleto; Obama, la politica nell'era di Facebook, di Giuliano da Empoli, che spiegava egregiamente le ragioni per cui Obama sarebbe diventato presidente, La vedova, il Santo e il segreto del Pacchero estremo, di Gaetano Cappelli, divertente e scritto benissimo, già regalato a gò gò.
Chili persi: -2, nel senso che ne ho messi su un paio proprio nelle ultime settimane.
Achievements (cose realizzate): ho lavorato come una schiava e guadagnato un bel gruzzoletto; ho risparmiato molti soldini che sono tutti finiti nella cava di denaro rappresentata dalla casa nuova (vedi alla voce prospettive per il 2009).
Manie del 2008: questo Blog e Facebook.
Prospettive per il 2009: casa nuova, sempre che riusciamo a convincere gli operai a finirla e a restituirci le chiavi. Sarà Feng Shui: non abbiamo più una lira, e nemmeno un euro, e vogliamo liberarci di tutto il ciarpame accumulato fin qui.
Propositi per il nuovo anno: fare più sport (un déjà vu), ampliare il ventaglio delle collaborazioni professionali, un po' più di divertimento.

In conclusione: si chiude un 2008 al bacio. La zia Marta è stata molto ligia, ha mantenuto un profilo basso e lo ha potuto fare solo perché poi si sfogava su queste pagine elettroniche. Nel 2009 imperverserà vieppiù, perciò continuate a leggere numerosi...

Foto: Flickr.

martedì 16 dicembre 2008

Niente resterà impunito?

FINI, LEGGI RAZZIALI UN'INFAMIA, CHIESA NON SI OPPOSE (ANSA) - ROMA, 16 DIC - Secondo il presidente della Camera, ''oggi fare seriamente i conti con l'infamia storica delle leggi razziali significa avere il coraggio di perlustrare gli angoli bui dell'anima italiana. Il che vuol dire sforzarsi di analizzare le cause che la resero possibile in un Paese profondamente cattolico e tradizionalmente ricco di sentimenti di umanità e di solidarietà. Tra queste cause - prosegue - c'è certamente l'anima razzista che il fascismo rivelò pienamente nel 1938 ma che era comunque già presente nella esasperazione nazionalistica che caratterizzava il regime''. E tuttavia, per Fini, ''l'ideologia fascista non spiega da sola l'infamia. C'è da chiedersi perché la società italiana si sia adeguata nel suo insieme alla legislazione anti-ebraica e perché, salvo talune luminose eccezioni, non siano state registrate manifestazioni particolari di resistenza. Nemmeno, mi duole dirlo, da parte della Chiesa cattolica''.
''A giustificazione - dice ancora - potremmo addurre il carattere autoritario del regime''; tuttavia, per Fini alla base della mancata reazione della popolazione italiana ci furono altri elementi: ''penso alla propensione al conformismo, a una possibile condivisione sotterranea e oscura di una parte della popolazione dei pregiudizi e delle teorie anti-ebraiche. Penso soprattutto ad una vocazione alla indifferenza più o meno diffusa nella società di allora''. E allora, è il suo ragionamento, ''denunciare la inequivocabile responsabilità politica e ideologica del fascismo non deve portare a riproporre lo stereotipo autoassolutorio e consolatorio degli 'italiani brava gente'''. E allora, ''Ricostruire con rigore la vergogna delle leggi razziali, guardare senza reticenza dentro l'anima italiana non serve soltanto per raccontare il passato nella sua completezza. Serve anche e soprattutto a preservare il nostro popolo dal rischio di tollerare in futuro, tra inerzia e conformismo, altre possibili infamie contro l'umanità''.
(ANSA).
FLB 16-DIC-08 11:02 NNNN

Io non commento, ma se qualcuno vuole...
Metto solo il link a un vecchio post, sempre sull'esimio.

mercoledì 10 dicembre 2008

La vita di Hugo Pratt è un romanzo d’avventura » Panorama.it - Libri
La vita di Hugo Pratt è un romanzo d’avventura

* marta.buonadonna
* Mercoledì 10 Dicembre 2008
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“C’erano una volta due amici che scrissero e disegnarono tante belle fiabe, tante avventure colorate da diventare essi stessi personaggi da fiaba”. È tutto in questa frase il succo di Un romanzo d’avventura, il primo libro scritto da Alberto Ongaro nel 1970 e appena ripubblicato da Piemme. Ongaro è stato a lungo sceneggiatore di fumetti, collaboratore e amico fraterno di Hugo Pratt, il grande disegnatore di Corto Maltese e di altri capolavori del fumetto, scomparso nel 1995. Ed è proprio Pratt il protagonista di una storia, che in quello stile nel quale Ongaro eccelle, resta perpetuamente sospesa tra realtà e finzione, tra il presente e il passato, tra la vita e il sogno. È sera tardi a Venezia e Hugo, che ha mangiato molto e bevuto troppo, riceve da Londra la notizia della scomparsa del suo amico di sempre, Paco, un alter-ego dell’autore. Passerà l’intera notte a tormentarsi alla ricerca di una ragione per la quale Paco avrebbe dovuto togliersi la vita gettandosi nelle grigie acque del Tamigi e così facendo ripercorre le tappe della sua vita, della loro amicizia e della passione che li ha accomunati: quella per la letteratura d’avventura.
Mentre Hugo Pratt si sposta da una stanza all’altra della casa veneziana, riconsidera molte delle scelte fatte in passato e si sente mano a mano sempre più responsabile per la presunta morte dell’amico. È stato forse lui a istigarlo a vivere in un mondo irreale nel quale però Paco non si sentiva del tutto a proprio agio e dal quale aveva a più riprese cercato di fuggire per tornare a una realtà che ugualmente non gli apparteneva.
Nell’analisi che cerca di essere lucida sebbene sia screziata di una vena di bonaria follia, Pratt non riesce a districare il vero dal falso e i personaggi fiabeschi, protagonisti dei libri che lui e il suo fraterno amico hanno amato, ma anche quelli che loro stessi hanno creato, cominciano ad affollare la mente di Hugo e le stanze della casa in cui si muove. “Hugo si sentiva come se stesse scrivendo e disegnando la propria storia e dovesse decidere di se stesso come di uno dei suoi personaggi”. Perché la sua vita, come quella di Paco, è una perpetua fuga dalla realtà, che con il suo squallore, la sua brutalità, la sua mancanza di poeticità, è l’unica condizione inaccettabile alla quale infatti Hugo volterà le spalle rifugiandosi nell’unico mondo che senta di conoscere davvero.
Ongaro mostra in questo primo romanzo tutto l’estro di sapiente scrittore con la sua abilità nel costruire storie in bilico tra realtà e immaginazione, proprio come nel suo recente La versione spagnola o nell’altro capolavoro La taverna del Doge Loredan. Qui in più ci regala uno strepitoso ritratto di Pratt, che i suoi ammiratori non potranno che amare.
Antonio D’Orrico presenta il libro, e l’autore, al Mondadori Multicenter di piazza Duomo a Milano, giovedì 11 dicembre alle 18,30.

giovedì 4 dicembre 2008

Tempo


I percorsi urbani con mio figlio sono un videogame a più livelli.
Al Livello 1, facile, bisogna saltare le pozzanghere, al 2, intermedio, bisogna evitare le cacche dei cani, il Livello 3, per solutori più che abili, prevede invece salti ed elaborate deviazioni per non passare sui tombini sparafuoco.
Quando piove, fa freddo, ho le borse della spesa, sta venendo buio ed è proprio ora di tornare a casa, tendo chissà perché a dimenticare i tombini sparafuoco, ma non muoio comunque mai: abbiamo dieci vite ciascuno.
Avere molte vite è essenziale, specialmente ora che lui si fa molte domande sulla morte. E sulla vita:
I giorni sono infiniti?
Qual è l'ultimo numero?
Quando si muore?
Perché la mamma di nonna non c'è più?
Anche io morirò?
Ma tu sei vecchia?

Gli abbiamo spiegato, anima candida, che si muore quando si è molto molto molto molto molto mooooolto vecchi, ma siccome non distingue ancora del tutto ieri da domani non credo che questo concetto lo aiuti molto. Ha solo capito che per lui ci vuole parecchio tempo. Tutti quanti noi invece, dalla baby-sitter ventitreenne in su, abbiamo praticamente già un piede nella fossa.

Di una cosa però siamo entrambi certi: non sarà il tombino sparafuoco a ucciderci. E' l'unica minaccia contro la quale abbiamo vite a sufficienza.

Foto: Flickr