lunedì 23 gennaio 2012

Cibomaniaci


Tempo fa ero da Feltrinelli per dare un'occhiata ai libri per bambini insieme a mio figlio. Ho capito subito che doveva esserci qualcosa di grosso in preparazione, perché vedevo aggirarsi per il megastore una folla insolita, dal momento che non era Natale. La prima cosa che ho pensato è di essermi trovata per caso in mezzo alla presentazione di un libro di Fabio Volo. L'ho pensato perché la gente che si accalcava su per la prima rampa di scale in direzione della voce al microfono sembrava provenire direttamente dal pubblico televisivo di un reality.

Mi sbagliavo, ma non poi di molto. A presentare il suo più recente imperdibile volumetto non era l'attor-presentator-scrittor-tuttofar Volo, bensì un giovane chef, di cui giuro non ricordo il nome, affiancato da un giornalista televisivo locale, che doveva essere un suo amico d'infanzia, a giudicare da quel che i due si dicevano mandando in sollucchero la platea.

Se sapete cucinare, se vi piace farlo, se lo trovate rilassante, meglio per voi. Io non sono portata, non mi interessa granché, me ne viene voglia circa 4 o 5 volte l'anno, e i risultati sono talmente patetici anche in quelle occasioni da togliermi l'entusiasmo ogni volta per i due mesi successivi. Non mi ci impegno, è ovvio, perché diciamoci tutta la verità, a vederlo fare in tv da 'sto ragazzone poco più che adolescente, coi capelli sparati e un lieve disturbo di iperattività non sembra che ci voglia un genio per confezionare uno strudel, o per fare gli spaghetti saltati con la bottarga.

I programmi di cucina impazzano, ma basta non guardarli per non imparare assolutamente nulla. Quello che mi domando però è: in un paese dove l'obesità infantile cresce ogni anno in percentuali a due cifre, e dove metà della popolazione adulta si è inflitta almeno una dieta, probabilmente inutile, nel corso della propria vita, perché passiamo così tanto tempo a guardare gente che cucina in tv? E perché poi corriamo in mandrie a comprare l'ultimo libro di ricette di praticamente chiunque?

Quando ero bambina alla sera prima del telegiornale la mamma mi lasciava guardare su Telemontecarlo il telefilm La tata e il professore, dove una tata-strega teneva a bada i tre bambini ricchi, figli di padre vedovo. Mi piaceva un sacco. Prima, però, capitava spesso di veder finire il programma di cucina di Wilma De Angelis. Era rilassante vedere tutte quelle ciotoline dove lei, o più probabilmente uno schiavo della produzione, aveva già tagliuzzato per bene la giusta dose degli ingredienti che le sarebbero serviti per la ricetta. Mi dava l'idea che bastasse essere molto precisi per fare un buon lavoro in cucina.

Oggi ripenso a quel programma e subito mi assale una noia letale. Forse veder cucinare e basta annoia tutti, sarà per questo che gli chef televisivi odierni lo fanno ballando o scudisciando concorrenti tapini (di reality culinari, ovvio), alle prese con soufflé recalcitranti e padelle roventi. Per me non c'è musica techno né gatto a nove code che tenga: veder cucinare rimane un'esperienza noiosa almeno quanto stare ai fornelli in prima persona. Leggerne, poi, non so nemmeno immaginare in quale pozzo senza fondo di torpore potrebbe spedirmi.

E' questo quel che rimane di un paese in recessione economica e culturale da almeno vent'anni? Il cibo? Il settore culinario ha affiancato le chiappe (e forse non è un caso) nell'empireo delle glorie nazionali più rappresentate sui nostri schermi. Solo che, diversamente dalle chiappe, ha sconfinato in un settore tradizionalmente "alto" come l'editoria e se n'è subito impossessato. Nella top ten dei libri più venduti compaiono ogni settimana almeno un paio di volumi di ricette, anche 4 o 5 sotto Natale.

Anche quest'anno nelle feste ho ricevuto bottiglie di superalcolici e parecchi romanzi, segno che chi mi ama mi conosce bene: nessuno dei miei amici e parenti si è sognato di mettermi sotto l'albero la faccia di Benedetta Parodi o Antonella Clerici. Ma devo essere pronta all'eventualità che accada. Come a me è successo di regalare a mio marito il fatidico pigiama (e questo non era nemmeno il primo Natale che succedeva!), così un giorno lo vedrò presentarsi con l'amata forma di parallelepipedo sotto braccio ma, quando strapperò la carta dorata, dentro non troverò l'ultimo romanzo di Franzen o Murakami, bensì il ghigno di Gordon Ramsay che mi guarda disgustato, minacciandomi di farmi un mazzo tanto se non imparo a fare un soffritto decente. E allora capirò. Che la mia metà non è davvero rispettosa delle minoranze (mogli che non sanno cucinare) né è un vero patito del cibo semplice (tacchino ai ferri e patate bollite). E' solo stato molto paziente, ma colto dai morsi della fame ha deciso di non esserlo più.

Foto: Flickr

1 commento:

invia20 ha detto...

ognuno di noi mangia spesso le stesse cose: se mi piacciono le melanzane alla parmigiana perchè devo mangiare gli zucchini? qualche spunto per fare migliorie ai propri piatti preferiti viene bene...ma la cosa che secondo me appassiona di più di queste trasmissioni è "l'impiattamento".A volte una cosa che non ti piace tanto, messa per bene con la fogliolina da parte, la spruzzata di aceto balsamico e il pomodorin pachino sul lato, sembrano una chimera. Mia moglie non è appassionata di cucina ma sa cosa e dove comprare quello che mi piace. In particolare c'è un posto a Genova dove fanno delle melanzane alla parmigiana ....Io sono contentissimo quando me le compra e me le riscalda nel forno. Poi però,siccome le mangio solo io, mi da direttamente la vaschetta d'alluminio...Sigh...!!!