mercoledì 11 giugno 2008

Il paese dei senza vergogna

Ok le intercettazioni fanno schifo. A nessuno piace l'idea di vivere in un paese di spioni, dove ogni volta che mandi a cagare Berlusconi parlando con un'amica in un bar poi sei tentata di guardare sotto il tavolino e buttare lì un "Si fa per dire...".
E' vero siamo circondati: i microfoni sono dappertutto (l'ultima inchiesta su Mensopoli a Genova ha rivelato che nei locali di mezza città le conversazioni erano registrate) e telecamere sono in crescita esponenziale. Se ti gratti un'ascella in piazza De Ferrari tanto vale che tu lo faccia sul tappeto rosso la notte degli Oscar: puoi essere ripreso da una dozzina di angolazioni.
Però. Sì, c'è un però. Perché l'Italia non è un paese normale. Una banalità, certo, ma pur sempre vera. Noi siamo il paese in cui la Gregoraci, finita sui giornali in seguito ad intercettazioni, appunto, dalle quali risultava che l'aveva data a destra e... a destra (si dedicava ad An in particolare) per far carriera, oggi viene descritta come una principessa vergine mentre si prepara a convolare a nozze con Flavio Briatore. Nel frattempo la ragazza ha fatto una pubblicità ai telefonini 3 in cui si ironizzava proprio sui suoi facili costumi: viva la faccia!
Siamo il paese in cui Luciano Moggi, il capo della mafia di Calciopoli, quello che diceva agli arbitri cosa dovevano fare per filo e per segno, oggi è felice nella sua nuova carriera di giornalista per Libero. Galera? Manco a parlarne. Tra un po' vuole anche le scuse.
Siamo il paese in cui i chirurghi ammazzano i pazienti pur di spremere quanti più soldi possibile dalle loro tasche: li aprono, li chiudono, li squartano, gli infilano dentro pezzi di ricambio avariati, tanto alla fine tutti devono morì. Dalle intercettazioni pubblicate in ampi stralci sui giornali si coglie la totale, aberrante noncuranza con cui parlano di persone come di carne da macello, con la tracotanza del "tanto chi vuoi che se ne accorga".
Insomma siamo il paese in cui basta non esser visti per fare le peggio cose, in cui non si disdegna di fare cose quanto meno discutibili anche sotto i riflettori e in cui quando ti beccano con le mani nel sacco da cui si estraggono i nomi degli arbitri, o nella zip di un portavoce di un politico, o nelle budella di un poveretto che era stato ricoverato per un mal di gola e ora è sottoterra, puoi comunque ancora pensare che non è finita, che domani va meglio, che vedrai passerà.
E magari ti daranno anche un programma in tivvù.
Le intercettazioni telefoniche possono impedire questo? Ovviamente no, l'ho appena detto. Però possono almeno fare in modo che chi le ha lette si ricordi. Che la Gregoraci non è Giovanna d'Arco, che Moggi è Moggi, che la vita non vale niente ma i finti tumori valgono un sacco di soldi.





Foto: Flickr

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