domenica 31 maggio 2009

Traslocando


Tutto è cominciato una mattina di maggio. Io e mio figlio stiamo ancora facendo colazione e intanto dei gentili e nerboruti signori cominciano a svuotare il contenuto del nostro comò in grosse scatole confezionate sul momento. E' il calcio d'inizio. Io non riesco a non canticchiare a mezza voce la canzone di Fossati "E i ragazzi del trasloco avevano/ fatto in fretta/ a stanare i miei amori dai cassetti/ e dalle scatole di latta/ alcuni in macchina altri ancora/ solo in maglietta..." Poi mi rendo conto che la sto cantando davanti ai "ragazzi del trasloco" e improvviso una tossetta secca. Ma dopo tre minuti sono già lì che la ricanto come un'ebete. Nel mio cervello manca del tutto il filtro che tutti voi avete ben posizionato per impedire che ciò che state pensando vi faccia automaticamente cantare la relativa canzone.

Mi avevano detto "Se volete facciamo noi gli scatoloni". Le amiche strabuzzavano gli occhi: "Traslochi tra una settimana e hai fatto solo due scatole di foto?". I ragazzi del trasloco sono venuti e hanno fatto gli scatoloni. Insieme a noi, in maniera molto democratica. L'unica differenza è che loro hanno fatto 60 colli con su scritto semplicemente Libri. Nei 10 colli di libri che ho riempito io c'era una descrizione dettagliata per tipologia, argomento, trama e gradimento. Menomale che intanto loro facevano il grosso del lavoro, sennò sarei ancora lì a scrivere recensioni col pennarello indelebile.

Mi avevano detto "Ci vorranno un paio di giorni". I ragazzi del trasloco sono venuti e in due giorni hanno fatto tutto. Nella ristrutturazione della nuova casa molte cose sono andate storte, alcune sono andate così così, quasi tutte quelle che abbiamo un disperato bisogno di considerare riuscite hanno comunque comportato qualche magagna oppure sono "fuori squadra". I ragazzi del trasloco invece sono stati bravi. Mio marito e io eravamo del tutto impreparati a questa eventualità e per questo da giorni patiamo una sorta di sindrome di Stoccolma. I ragazzi del trasloco ci mancano. Ogni tanto ci scambiamo qualche frase affettuosa nei loro confronti. Siamo contenti di sapere che prima o poi torneranno a prendere gli scatoloni vuoti. Speriamo si fermino a cena.

Ora siamo qui, in questa casa che sa ancora di vernice e olio per parquet, in bilico tra il desiderio di tenerla ordinata e la necessità di farla nostra. Io passo il tempo a pulire ossessivamente. Lui non ha mai fatto tanto bricolage nella sua vita, e nemmeno in tutte quelle precedenti messe insieme. Non so quanto ci vorrà perché tutto ci sembri normale, per arrivare a sapere, senza doverselo domandare, dove sono le cose che ci servono, qual è il nuovo posto dei canovacci da cucina e in quale cassetto adesso abita l'acqua ossigenata.

Ho comunicato a mio marito la mia decisione di appendere un calendario nel mio studio. Mi ha guardato con un misto di terrore e disgusto all'idea di profanare con un chiodo la perfezione delle pareti arancioni. "Compratene uno da tavolo", è stata la sua soluzione al dilemma. Mi sa che per sentirci davvero a casa ci serve un evento che rompa il ghiaccio. Speriamo che mio figlio faccia al più presto il primo canyon nel parquet, così potremmo tutti rilassarci e smettere di trattenere il fiato.




Foto: Flickr

2 commenti:

Franco Zaio ha detto...

Io fin da bambino ho fatto una ventina di traslochi. Sono traumi, anche da adulti. La mia casa ideale adesso è la camera d'hotel...
PS Una casa nuova non è MAI A POSTO, rassegnati :-)

Riccardo Oldani ha detto...

Quando io e mia moglie Anna abbiamo traslocato abbiamo scelto un parquet così delicato che è bastato un giorno spostare il vaso del ficus per creare quel "canyon" che voi invece aspettate da vostro figlio. Io e Anna il ghiaccio nella nostra nuova casa lo abbiamo rotto molto in fretta,